Ormai è chiaro, il surriscaldamento dei mari sta rapidamente tropicalizzando il clima del bacino del mediterraneo e ciò rappresenta una vera e propria mannaia per territori, come quello italiano, fortemente sensibili alle problematiche idrogeologiche. Tantissime le opinioni espresse un po ovunque e da chicchessia come sempre accade, con esasperante puntualità, proprio in questi che sono giorni caratterizzati da situazioni meteo fuori dall’ordinario e sciagure ad esse collegate. Molte di esse concordano ad un approccio alla problematica invocando la tanto agognata prevenzione, altri asseriscono che la natura dei nostri territori, scempi edilizi a parte, ci costringe comunque a subire nell’impotenza tali calamità lasciandoci intendere che gli sforzi dovrebbero concentrarsi di più sulle fasi che seguono tali sciagure. E’ innegabile che entrambi le scuole di pensiero, ancor di più in un Paese come l’Italia, vanno tenute in debita considerazione perchè come suggerito dai vecchi adagi della tradizione, si sa, la verità è sempre nel mezzo.
Ecco è il “mezzo” l’ aspetto sulla quale per nostra stessa natura vocazionale intendiamo fare qualche considerazione. E’ innegabile che la tecnologia dei giorni nostri ci ha messo a disposizione strumenti di comunicazione davvero formidabili, dalle ridottissime dimensioni e le cui spiccate caratteristiche di portatilità unite ad una vocazione “social” sono capaci di rendere chiunque protagonista dell’espressione del proprio pensiero. Ma in realtà non è il mezzo ma il suo uso da parte del Signor “chiunque” che rivolgendosi ai Sigg “chiunque” riscuote consensi e credibilità più per lo strumento cool adoperato che per virtù e capacità dimostrate sul campo, ecco è questo che ci lascia alquanto perplessi.
E se purtroppo questo parte dalla cellula elementare della nostra civilissima società non si può certo pretendere che gli Organi Istituzionali, fatti della stessa sostanza, siano capaci di pensarla diversamente. La tendenza comune dei “chiunque” dei nostri tempi tende a ridimensionare tutto ciò che viene, a loro modo di vedere, dal passato e spesso lo fanno volutamente ed incuranti di ciò che di buono proprio le cose provenienti dal passato abbiano dato o possano continuare a dare per il futuro.
In tempi di crisi ben vengano gli account Facebook o Twitter “istituzionali” in funzione di una mera replica degli uffici stampa, ma chi si cela dietro di essi ha capacità ovvero possiede le abilitazioni necessarie per fare informazione? E poi considerata la facilità di registrare un account sui social media chi assicura che a diffondere notizie sia effettivamente chi vanta di essere? E se l’aspetto genuinità ed esattezza dei contenuti ha la sua importanza non da meno risulta essere quello relativo alla fruibilità degli stessi.
Il modernissimo strumento informatico non ha ancora raggiunto una diffusione capillare su ampia scala ed a ciò va sommata anche la scarsa alfabetizzazione di una vasta fetta di popolazione soprattutto quella più anziana o comunque meno incline alle moderne tecnologie.
Ma ritorniamo a noi ovvero ai casi di catastrofi naturali che stanno flagellando l’Italia con cui abbiamo aperto queste considerazioni. In un’area come la nostra storicamente sotto dimensionata dal punto di vista infrastrutturale a causa di una situazione orografica a dir poco ostile, in cui la ricezione televisiva è fortemente discontinua, l’erogazione di energia elettrica rimane altalenante così come discontinua è spesso la fruizione delle reti ADSL wired per non parlare poi dei disservizi “offerti” dagli operatori di telefonia mobile. Insomma il quadro di una situazione di precarietà che potrebbe acuirsi al verificarsi di un disastro provocato da eventi metereologici fortemente avversi che potrebbe mettere in ginocchio le nostre piccole comunità.
Ecco allora che si ripropone prepotentemente, per le sue peculiarità tecnologiche e d’immediatezza nel veicolare contenuti, il ruolo della radio “locale” e non “privata” se non fosse nell’accezione del termine che la stessa viene privata dai Sigg. “Chiunque” della sua dignità di media senza rivali.
Basterebbe il semplice coinvolgimento della “radio locale” fatta da e di gente che si conosce e che è quindi parte integrante del tessuto sociale della comunità di riferimento, per dotare la stessa di un mezzo dalle potenzialità tutt’altro che scontate ed ingiustamente sottostimate. Certo è che la stessa “locale” dovrebbe essere oggetto di attenzioni costanti nel tempo da parte delle istituzioni del territorio e nel contempo le dovrebbe essere riconosciuta la giusta dignità d’impresa da parte del settore imprenditoriale dell’area a cui si essa si rivolge. I costi di gestione ed i costanti investimenti tecnologici ne fanno una vera e propria azienda e non più un passatempo pionieristico, come qualcuno romanticamente ancora la immagina, perchè chi ha resistito oltre 35 anni è perchè ha dato una svolta imprenditoriale che con amatoriale fa solo rima e niente più.
Va poi fatta un ultima considerazione che in questo contesto forse è la più importante. Chi svolge attività di radiodiffusione deve essere necessariamente in possesso di una concessione ministeriale che abiliti la società editrice ad esercitare tale attività. Essa implica una serie di adempimenti burocratici per chi la possiede ma stabilisce anche la tipologia di rapporti che essa deve instaurare con il mondo delle istituzioni anche locali. Ma è superfluo evidenziare che questo mondo istituzionale a tutt’oggi e da oltre tre decenni è stato e rimane inadempiente! Forse chi fa politica, anche in ambito amministrativo, è abilitato al non rispetto delle Leggi di questa Repubblica ?
Sarà, ma una cosa è certa! La radio locale ha facoltà, in virtù del titolo che la abilita, a poter installare ed esercire tra le altre anche “..la trasmissione di eventi di carattere occasionale ovvero eccezionale e non prevedibili” anche mediante l’uso di strumentazione da campo che, in casi di severa gravità potrebbe raggiungere ampie fasce di popolazione locale, complici l’altissima disponibilità di ricevitori Fm sia a pile che entro contenuti nella stragrande maggioranza dei telefoni cellulari.
Ovviamente l’acquisto e l’allestimento di tale strumentazione da campo (pur volendo rendere disponibile il know-how tecnologico ed il personale tecnico necessario in spirito di volontariato) ha il suo costo che andrebbe supportato per effetto di convenzioni che le istituzioni, come avviene in tantissime altre parti d’Italia, sottoscrivono con il concessionario locale. VI SEMBRA ABBASTANZA QUESTO PER RICONOSCERE FINALMENTE alla radio il suo innegabile ruolo di SERVIZIO PUBBLICO !!