A rimandare i concerti dopo gli attentati di Parigi ha smesso subito di pensarci. Perché «l’unica conclusione possibile per chi fa il mio mestiere è fare il mio mestiere», dice. Da Rimini parte il suo tour invernale, e noi siamo andati a fare il pieno di coraggio ed energia.
Considerato che la premessa era stata «Stasera non mi posso “sfasciare” perché poi ho trenta date» e visto che poi per due ore e venti minuti non abbiamo fatto altro che guardarlo saltare, cantare, correre, ballare, è stato lecito alla fine domandargli «E quando ti sfasci che fai?». Ma soprattutto:come diavolo fai?.
Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti (nomen omen), ci ha dato la risposta, e sta in una parola: crioterapia. Ebbene, sì, avete letto bene. «Prendo un contenitore di plastica come quello dei rifiuti, ci butto dentro dell’acqua con 50 kg di ghiaccio e mi ci immergo dentro per 5 minuti», spiega. «È così che fanno gli atleti Nba, funziona!», racconta sudato ed entusiasta nel backstage, come l’eterno bambino che ormai sappiamo.
Il suo segreto (esperimento da non replicare a casa), Lorenzo ce lo illustra nel dietro le quinte del PalaSport di Rimini, dove il 19 novembre inaugura il suo tour invernale, il Lorenzo nei Palazzi dello Sport. La sera prima, il performer più internazionale d’Italia – cioè uno che ai concerti ci mette tanta musica sì, ma anche costumi, coreografie, effetti speciali, grafiche e visual – ha tenuto una prova generale aperta al pubblico, che tuttavia era come un concerto vero. Perché lui non si è fermato mai, mai, mai. Tranne che all’inizio, quando prima di cominciare ha condiviso una riflessione sui drammatici avvenimenti di questi giorni a Parigi: «Siamo tutti addolorati e confusi», ha esordito, «ma l’unica conclusione possibile per chi fa il mio mestiere è fare il mio mestiere, cioècelebrare la vita, celebrare la libertà con l’unico nostro linguaggio universale che è la musica».
Da domani sera, però, dice Jova che «eviterò di inserire l’argomento perché non serve a niente se non a strappare l’applauso. Nelle canzoni c’è già tutto».
E che sia così questo show lo dimostra dall’inizio alla fine della scaletta. Perché «il bello delle canzoni è che acquistano un senso in base a ciò che succede», come dirà lui stesso più avanti. Ed è vero dall’avvio psichedelico E non hai visto ancora niente – con una ragnatela di raggi laser che si irradia in ogni angolo del palazzo – a Libera («che parla di un padre che vorrebbe la figlia coraggiosa e libera»), passando per Terra degli uomini (“dove suona la musica”), Gli Immortali (“in questi giorni impazziti di polvere e di gloria”), L’Alba (“macerie di un passato che un giorno era stato un futuro entusiasmante”),Penso Positivo e Pieno di vita, con quella speranza malinconica che una nuova estate bellissima possa ritornare presto per tutti.
Jovanotti ha scelto di continuare a suonare nonostante il momento drammatico che sta vivendo il mondo, in primis quello della musica, perché «mi sembrava la cosa giusta da fare». E poi se la prende con quelli che hanno da pontificare persino sul dolore: «Noi ci commuoviamo per ciò che ci commuove», dice. «È normale che si abbia una reazione maggiore se uno una faccia l’ha già vista, se un posto lo conosce. Questa non è ipocrisia. Chi perde un figlio soffre in qualsiasi parte del mondo, ma noi che facciamo questo mestiere pensiamo solo a suonare, chi cazzo ci pensa mai che una cosa così colpisca noi. È ovvio che ti cambia tutto»
Rispetto al tour degli stadi dell’estate, la scaletta perde qualche pezzo (Serenata Rap, Tutto l’amore che ho, Le tasche piene di sassi, anche se «non è detto che poi le inserisca») e diversi cambi d’abito (in compenso andranno forte i cappelli), ma acquisisce una intimità e una rinnovata energia scenica. Lo spettacolo parte fluo e psichedelico, con le note più elettroniche del repertorio (Sabato, Tanto Tanto Tanto). Poi rallenta, ed è il momento di Ragazza magica, A te, Raggio di sole(che però vira un po’ sullo ska, e termina con Jovanotti in ginocchio “da te”). Racconta Jova imbracciando la chitarra: «Quando ero ragazzino tanti anni fa non pensavo che l’amore sarebbe diventato l’argomento più importante in mie canzoni. E invece oggi è così e sapete perché? Perché si, perché l’amore è la cosa più importante». E allora vai anche conSoleluna, e Gente della Notte: «Non volevo mettere i lenti un po’ qua e là per non fare tanti cali di ritmo: l’inizio dello spettacolo è scuro elettronico, quello centrale lento, l’ultimo funky, festaiolo, rock. Voglio accontentare tutti i fan, che sono diversissimi: bambini, ragazzi, signore. C’è chi viene a vedermi per ballare ma c’è anche un sacco di gente a cui piacciono i miei lenti e io li suono volentieri».
I momenti più belli dello show sono la passeggiata «sul filo» durante Mi fido di te (un effetto grafico di luci e ombre a led, che simula un elastico sospeso sul palco) e la sua incursione da deejay al mixer al ritmo di Attaccami la spina (“era questa la vita che sognavo da bambino”). Benché fuori stagione, ancheL’estate addosso, al motto di «il mare d’inverno è poetico ma quello d’estate è meglio» riesce bene, accompagnata dai video amarcord degli italiani in spiaggia e della genta ai suoi concerti estivi («Che figata che è ‘sto pezzo ci è riuscito proprio bene», riconosce poi l’interessato). Quindi, dopo il bis, è tempo dei saluti. «Mi sono divertito un sacco e per essere una prova generale è andata bene, voi siete stati bravissimi.Non so cosa dirvi: la musica esprime più di ogni parola che io possa dirvi. Coraggio è la parola che io vi lascio. Buon divertimento e buona fortuna a tutti».
PROSSIME DATE, A NOVEMBRE:
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