La crisi epidemica da COVID-19 sta togliendo risorse anche alle radio mettendo in ginocchio soprattutto quelle piccole e medie, che operano nelle comunità locali o regionali.
Pubblicità in drastico calo, eventi annullati, ed emorragia di ascoltatori: in Italia, prima nazione europea posta in quarantena, ne sta risentendo anche il comparto radiofonico. Aziende chiuse, consumi ridotti esclusivamente ai bisogni di prima necessità (la spesa al supermercato o in farmacia) le conseguenze negative sui fatturati in pubblicità accomunano tutti i media, tanto che il governo italiano aveva previsto, nei 25 miliardi di euro stanziati per sostenere l’economia (decreto “Cura Italia” del 16 marzo), anche un bonus (poi saltato) di 40 milioni di euro per le emittenti radiotelevisive, visti i tagli rilevanti di investimenti pubblicitari, denunciati il 6 marzo da alcune associazioni di categoria.
Per la tv un record di spettatori
Auditel per i primi sette giorni di quarantena ha registrato dati da vero boom per il piccolo schermo a partire già dal 10 marzo, primo giorno di quarantena, con un +1,7 milioni di spettatori rispetto al precedente martedì, e di 2,650 milioni in prime time. Il 15 marzo l’annullamento dai palinsesti di trasmissioni sportive e di programmi contenitore non ha evitato che fossero 5,1 milioni gli spettatori in prima serata. Un incremento che fa lievitare notevolmente il valore degli spot, ma che difficilmente compensa il dilagante calo degli investimenti in campagne pubblicitarie.
E per la radio…
Le emittenti radiofoniche, al contrario, hanno registrato una contrazione di audience soprattutto nella fascia mattutina, ricca di pubblicità: in auto a prevalere è sempre stato l’ascolto della radio tradizionale ma il calo esponenziale dei pendolari, complice lo smart working, certo non aiuta oggigiorno la radio ed i valori numerici che le girano intorno. E la cosa antipatica è che neanche si saprà se chi fa smart working o è comunque a casa per le chiusure aziendali la accenderà, visto che TER, la società privata che effettua le rilevazioni di ascolto in ambito radiofonico, ha annunciato con un comunicato stampa del 31 marzo 2020 lo stop delle rilevazioni dal 31 marzo al 15 giugno 2020.
Anche il “Decreto Liquidità” con un capitale stanziato senza precedenti, non è tutto oro quello che luccica: in primis il provvedimento non esaurisce la completezza delle misure che devono ancora essere integrate, per cui l’attesa per gli editori continua! Inoltre, ad analisi approfondite, le risorse parrebbero importanti, ma il vero tema è se arriveranno realmente alle imprese e quando arriveranno.
ECCO PUNTO PER PUNTO COSA NON VA
Se da un lato sembra abbastanza semplice attivare i finanziamenti fino a 25.000 Euro con garanzia diretta e al 100% dello Stato, per tutto il resto dove le garanzie sono inferiori e le pratiche soggette ad istruttoria da parte delle banche resta la perplessità da parte degli analisti sui tempi e
sulla finalizzazione di questi finanziamenti:
- TEMPI LUNGHI: l’intero mondo imprenditoriale si rivolgerà al sistema bancario per ottenerne liquidità e quindi la semplice evasione della pratiche sarà certamente un impresa titanica. Di fatto, ad oggi, le banche sono chiuse o comunque lavorano a ranghi ridotti e non si capisce come sarà possibile gestire velocemente queste pratiche;
- SOLDI NON A FONDO PERDUTO; dunque si dovrà rimborsare. Per le pratiche “snelle” ovvero a quanto pare fino a 25.000 euro, perché garantite 100% dallo Stato, sarà un prestito che servirà a pagare le tasse relative al 2019 e quanto accumulato per i mesi sospesi del 2020, poco più. Per le pratiche di importo maggiore, in cui lo stato garantirà percentuali sempre inferiori all’ aumentare dell’importo richiesto/spettante, le banche faranno tutti i controlli di routine e le pratiche saranno subordinate ad una vera e propria istruttoria che sarà, come al solito, piena di paletti e discrezionalità degli istituti di credito;
- SOLDI NON PER TUTTI: Ma il dettaglio più importante è che NON è, come si pensava, un finanziamento a pioggia: nella bozza del decreto solo 30 dei 400 i miliardi destinati alle piccole e medie imprese (dove rientrano la stragrande maggioranze delle emittenti radio-tv locali) ovvero al 95% del tessuto imprenditoriale italiano, il resto è per le grandi aziende;
- ONERI FISCALI SOSPESI A PICCOLI PASSI: per l’ennesima volta, l’intervento non è soddisfacente: si procede per piccoli passi, si continua a fare proroghe brevi senza cancellazioni;
- MANCA DISTINZIONE TERRITORIALE non c’è più distinzione territoriale o per settore, ma la sospensione fiscale è concessa per tutti quei soggetti che hanno avuto una diminuzione dei ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, di almeno il 33% per le aziende fino a 50 milioni di ricavi e del 50% per quelle con ricavi superiori.
Praticamente bisogna quindi andare a riconteggiare le voci di fatturato mese per mese, ed è certamente una complicazione inutile, anche se ad oggi la quasi totalità delle aziende è chiusa, ma soprattutto molte imprese e professionisti hanno fatturato lavori e servizi pregressi, che non hanno riscosso e che sicuramente non riscuoteranno a breve, ed avranno quindi oltre al danno la beffa: non rientrano nella sospensione perché il fatturato non è diminuito secondo i parametri previsti, ma quel fatturato chissà se e quando lo riscuoteranno.
Per scongiurare tali criticità la proposta che CNRT-TPD, associazione di categoria che raggruppa centinaia di piccole imprese Radio-TV sull’intero territorio nazionale, aveva fatto al Governo mediante istanza direttamente inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai ministri competenti, non ha sortito al momento esito, laddove nei punti che sembrerebbero validi, questi sono però difficilmente praticabili in base all’analisi presentata in precedenza.
L ‘associazione CNRT-TPD ha fortemente criticato le misure di sostegno ideate per sopperire al periodo di emergenza, poiché vanno ad alimentare il nuovo “Fondo del pluralismo” che si basa solo ed esclusivamente sui nuovi criteri, recentemente modificati, in materia di formazione delle graduatorie che rafforzano di fatto la già ampiamente consolidata posizione di grandi gruppi radiotelevisivi , escludendo definitivamente molti editori che vivono in condizioni di prossima chiusura.
Ricordiamo di seguito, invece, cosa proponeva il CNRT-TPD specificamente per il settore radiotelevisivo locale, con la speranza che le integrazioni previste al decreto liquidità possano comprendere finalmente questo quadro preciso e dettagliato di interventi:
- interventi economici per far fronte al pagamento delle utenze elettriche in particolare e telefoniche;
- interventi economici per far fronte al pagamento dei fitti (sedi e impianti);
- interventi economici per far fronte al pagamento degli stipendi o sussidi diretti ai dipendenti;
- sospensione dei pagamenti relativi al diritto d’autore;
- sospensione dei pagamenti degli oneri bancari e dei mutui;
- sospensione dei pagamenti delle rateizzazioni con l’Agenzia delle Entrate;
- sospensione dei pagamenti ordinari con l’Erario;
- sospensione o azzeramento dei contributi INPS, INAIL, ENPALS e INPGI.
- ristoro dell’ 80% della voce “costi totali dell’attività radiotelevisiva locale” rilevabile dalla Informativa Economica di Sistema dell’ultimo anno di gestione trasmesso all’AGCOM mediante versamento diretto all’ azienda radiotelevisiva editrice regolarmente operante.
Senza l’adozione di tali provvedimenti urgenti ed indifferibili il 90% della piccola e media emittenza locale, già pesantemente compromessa dall’atavica carenza di inserzionisti pubblicitari locali, da qui a qualche mese potrebbe chiudere definitivamente i battenti dopo oltre quarant’anni di attività.
[La Redazione_Raffaele Acampora]